Delego o non delego?... Questo è il problema...Mi inserisco nella disputa, relativamente alle deleghe di voto, tra i sostenitori della democrazia diretta pura e quelli della democrazia delegativa. Pro e contro della "Democrazia Diretta Pura" Per i sostenitori della democrazia diretta pura, ogni membro della comunità può esprimere solo il suo voto (1 persona, 1 voto), non può (e non deve) rappresentare altri. I motivi di questa posizione possono essere riassunti:
Questa posizione però raccoglie delle critiche:
Una soluzione per il problema della "presenza": la Democrazia Delegativa Si è accennato al problema che si verifica con l'adozione della democrazia diretta pura (che costringe a partecipare in prima persona): una parte della comunità potrebbe non riuscire ad esprimere la propria opinione, perché costretta dai comuni impegni quotidiani ad essere assente dai dibattiti (motivi di salute, lavorativi, problemi tecnologici o semplicemente per mancanza di tempo libero). Ciò produrrebbe una "stortura" del sistema democratico, dove in pratica alcuni, hanno più potere di altri. In soccorso al problema si presenta una rielaborazione della democrazia rappresentativa: la democrazia delegativa. Ogni membro della comunità può nominare (se vuole) una persona di fiducia che lo rappresenti (con il suo voto). Il voto del delegato vale 1 (il suo), più tutti i voti delle persone che lo hanno scelto come tale. Questo meccanismo permette a chi non può essere presente al dibattito, di far valere le sue ragioni tramite una persona che la pensa alla stessa maniera. Anche questo sistema democratico raccoglie delle critiche; la principale è che questo meccanismo potrebbe portare alla formazione di "leader" che concentrino su di loro molto potere. Partecipazione e controllo Non c'è dubbio che la democrazia diretta pura spinge alla partecipazione: solo con un'adeguata partecipazione personale, le proposte a cui si è direttamente interessati possono arrivare a termine. In più c'è un aspetto psicologico: il partecipare attivamente ad un'iniziativa la rende "più nostra", e ci coinvolge di più. Delegare le iniziative ad altri ("...ci pensa Tizio...") ci rende più accidiosi e meno attenti. Formalmente, chi delega il voto non può estraniarsi: è suo interesse/dovere verificare che il delegato voti la posizione concordata (nel "voto delegato" la votazione del delegato è palese). Ma troppo spesso l'inedia fa da padrona! Il disinteresse è sempre in agguato; tanto che, anche nella massima espressione del voto delegato, LiquidFeedback, è stata introdotta una funzione che, dopo un certo periodo, tutte le deleghe di un utente inattivo vengono cancellate. Il principio è: se un utente non controlla la bontà del voto del delegato, quale "peso" ha il suo voto? Quali motivi ci sono per assegnare al voto di un "delegato", anche il potere politico di membri disinteressati/distratti? Nella democrazia liquida rimane comunque un problema di base nel "controllo" del delegato: lo si può fare solo a posteriori! Prima del voto su un certo argomento, i membri concedono fiducia (e delega) al delegato, in base alle posizioni che questo ha assunto nel dibattito; ma poi il delegato è libero di votare ciò che vuole! Solo a posteriori i membri della comunità possono controllare il voto del delegato e verificarne la coerenza (e l'onestà). Se non soddisfatti, DOPO si si può togliergli le deleghe... ma in quel momento è già troppo tardi. Non deve sorprendere che, per votazioni su argomenti di grande peso economico, dei presunti "leader carismatici" si manifestino come dei voltafaccia (è un problema già ben noto nella democrazia rappresentativa). Leader Non mi dilungherò sui leader politici che possono emergere dalla "classica" democrazia rappresentativa; tutti noi abbiamo esperienza in prima persona di alcuni di questi figuri: promesse, populismo, voltafaccia, partitismo, lobbismo... o peggio. Certo... in passato gli italiani potevano anche mettere un freno agli abusi... ma hanno preferito fare il palo, nella speranza di ricevere una parte del bottino. Dopo qualche briciola, i più si stanno trovando con il sedere per terra. Intanto il sistema politico sì "affinava", trasformandosi in un'aristocrazia di fatto. Una possibile soluzione viene della democrazia liquida, presa nella forma più radicale: ogni membro di una comunità decide in massima libertà se, come, quando e su cosa farsi rappresentare. Per converso, la delega può essere ritirata in qualsiasi momento. Questo rivoluziona il concetto stesso di "politico", che non può più essere visto come una specifica figura professionale, con un proprio "peso" specifico, visto che quest'ultimo può variare enormemente da momento a momento. La conseguenza è la progressiva estinzione del "politico di professione" e lo sviluppo di "opinion leader", promotori di iniziative (spesso di natura molto ristretta) su cui convergono le deleghe di chi ne approva l'azione. Ma è tutto oro? Le esperienze di democrazia liquida sembrano far emergere comunque dei problemi... La critica più comune è che il meccanismo di raccolta piramidale del consenso, tra persone che si conoscono di persona e su cui è possibile verificare appartenenza e fedeltà, porta alla creazione di clan: gruppi di potere uniti da interessi propri. Gli opinion leader diventano così "capiclan", "ras" che accentrano il potere dei sostenitori. Se si sostituisce il termine "opinion leader" con "politico", e "sostenitori" con "clienti", ecco che ci si trova di fronte ad un sistema politico clientelare istituzionalizzato (e questo tralasciando il possibile impatto in società dove la criminalità organizzata è radicata). L'aspetto positivo di questa "istituzionalizzazione", è che il "clan" risulta visibile e trasparente, ne puoi prenderne le misure, e decidere se unirti o... contrastarlo. Su questo tema, interessanti sono i sistemi che si basano su un paradigma completamente diverso: attività politica applicata in modo totalmente anonimo. Tutte le attività sono svolte in maniera anonima (la gestione dei contatti avviene tramite nikname casuali generati automaticamente dal sistema), questo costringe i membri della comunità a valutare solo i contenuti, non potendo essere influenzati dalla "figura" dell'autore. Ovviamente sono sistemi a scrutinio segreto e con deleghe limitate alla singola azione politica. Detto ciò, c'è da rilevare che gli opinion leader si formerebbero comunque fuori del sistema democratico istituzionale. La combinazione di grandi interessi, desiderio dei singoli di emergere e tendenza sociale di aggregarsi intorno a "figure forti", mediata dalla moltitudine di media disponibili (TV, radio, giornali, internet) è tale che inevitabilmente emergano leader. Forse il problema dei leader è irrisolvibile. Forse è destinato a rimanere aperto, perché corrisponde ad una spinta atavica dell'uomo. Forse sarà risolto con una rivoluzione filosofica/comportamentale dell'uomo. Per ora il dibattito è aperto allo scopo di trovare un sistema in grado di temperare e controllare gli eccessi di queste persone. Valutazione delle proposte Torniamo al punto "5a", che spesso viene enunciato dai sostenitori della democrazia delegativa: "...che prende in considerazione la disparità di conoscenza dei suoi partecipanti...". Il presupposto a questo enunciato è che il membro di una comunità, malgrado non si possa considerare personalmente un esperto di un certo argomento, riesce a riconoscere nel "parco di esperti pubblici", quello che ha l'opinione più "corretta" o più "conveniente". A quest'ultimo verrà data la delega per quanto riguarda l'argomento; una posizione non dissimile dal presupposto dell'attuale democrazia rappresentativa. Mi sorge così una domanda ontologica: ma un "non-esperto" può valutare le posizioni e le proposte di un "presunto-esperto"? La logica pura mi suggerirebbe di NO... Se non conosci l'astrofisica non puoi valutare la densità di una stella di neutroni (1? 10? 100? 1000 kg/dmc?). Cosa può valutare un non-esperto? Direi una presunta competenza evidenziata dal curriculum del presunto-esperto: studi effettuati, esperienza lavorativa, riconoscimenti ufficiali, successi pregressi. Il tutto in un sistema dove vige una totale trasparenza sulle persone e sull'informazione. Dunque tutto qui? Basta questo? Io non penso. Facciamo un esempio provocatorio: nessuno può negare che un ingegnere nucleare sia la persona che meglio conosce le centrali nucleari; ma se al referendum sul nucleare italiano avessero potuto dire la loro solo gli ingegneri nucleari, oggi tutti avremmo il Reattore Nucleare Condominiale... Tutto giusto?... Anche su questo tema, i sistemi che si basano sul paradigma dell'anonimato, pongono un punto di vista completamente diverso. I membri della comunità sono costretti a valutare le idee e le proposte unicamente per il loro contenuto, il pregresso dell'autore non esiste. I sostenitori di questa metodologia sostengono che il sistema lavori in questi termini:
Epilogo? Dunque... Delego o non delego? Non ho risposte definitive... mi sembra solo importante sviscerare aspetti su un tema dato troppo spesso per scontato. Commenti (1) |