Ottimo contributo, mi ritrovo perfettamente d'accordo con schematizzazione proposta.
Sorvolo sul problema delle 'non piattaforme' (in realtà è un problema enorme questo, e probabilmente rimarrà un problema insoluto perchè intrinseco al potere oggettivo esercitato in ogni caso dal gestore della piattaforma, che sia privato o statale, e dall'impronta organizzativa che ne deriva: un sito potrebbe anche partire benissimo apparentemente con le migliore intenzioni, per poi scadere nella deriva leaderista di condizionamento politico della collettività del gruppo virtuale una volta superata una certa massa critica di convenienza).
L'e-democracy nella forma di propaganda di proposte condivise è già una realtà - se pur non istituzionalizzata, non omogenea e non sempre valorizzata mediaticamente - presente in rete sotto mille forme.
L'e-democracy per lo sviluppo condiviso di nuove idee e proposte è la nuova frontiera da varcare: tecnicamente avrebbe già alcuni validi strumenti da affinare ma che non è riuscita ancora in alcun modo a fare massa critica. Questa a mio avviso è la sfida del presente: per fare massa critica, bisogna convincere la maggior parte delle persone che utilizzano gli strumenti sociali della rete a migrare verso una piattaforma preferenziale che sappia convincere l'utente delle potenzialità concrete che si possono aprire utilizzandola nonchè garantire onestà amministrativa e trasparenza di intenti.
L'edemocracy come strumento deliberativo di stato è lo step successivo, che potrebbe attecchire tra qualche decina d'anni (quando la maggior parte degli elettori sapranno usare un pc) ma solo dopo aver concretamente testato e approfondito la forma precedente. Solo dopo esserci sincerarci che le decisioni di votazioni virtuali riflettono una reale governabilità, solo allora potremmo rendere tali piattaforme legislativamente determinanti.
A mio avviso si intende :)
Saluti,
e grazie.
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