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Inviato da avatar Luca Zanellato il 18-09-2014 alle 16:35 Leggi/Nascondi

Ormai è da qualche anno che l'Italia si presenta come laboratorio di gruppi politici che fanno della democrazia diretta e partecipata la loro bandiera. Al di là del dubbio di quanto questi gruppi abbiano o meno a cuore il tema, ho potuto nella pratica notare la difficoltà di un dialogo costruttivo all'interno delle assemblee di tali gruppi, sia che siano fisiche, sia che siano virtuali (on-line).

Un problema comune, perché non dipende dal media, ma sta in tutte le forme di dialogo in cui sono coinvolti più di due persone, è il controllo dei facinorosi, poco (o nulla) interessati ad un dialogo costruttivo. Questo è un problema noto a chiunque è stato per un po' di tempo on-line su un blog, un forum o facebook: una discussione avviata con la buona volontà di trovare un punto di condivisione, si trasforma spesso in una bagarre, accompagnata da illazioni e insulti personali. Spesso la discussione degenera ad opera di un manipolo di personaggi (ma ne può bastare uno) che monopolizzano gli spazi e disturbano alzando i toni.

Il risultato è che il tema non viene più dibattuto, il contenuto non cresce, anzi si innescano tensioni personali che finiscono per danneggiare il gruppo anche in futuro.

Come sottinteso, il tema si ripresenta nelle piattaforme per l'e-democracy, o più in generale in tutte quelle piattaforme destinate alla discussione di temi politici.

Recenti esempi mi hanno sempre più convinto che un tentativo d'applicazione della democrazia diretta e/o partecipata debba sposarsi con sistemi per regolamentare le discussioni, in modo che non degradino alla barbarie come già descritto.

La "massa" non si auto-regolamenta.

Contrariamente a quanto sostengono i più fervidi sostenitori dell'intelligenza collettiva, penso che una massa di persone eterogenee non riescono automaticamente ad organizzare la discussione in modo strutturato e costruttivo.

Qualche volta, all'interno di essa, si formano dei nuclei di aggregazione costituiti da persone abbastanza omogenee negli interessi. Questi nuclei possono creare dei "collanti" abbastanza forti da formare un gruppo. Tra i "collanti" essenziali vi sono:

  • delle idee di massima condivise;
  • un corpo di norme comportamentali (regolamenti) che permette a loro di relazionarsi civilmente.

Questi gruppi possono con il tempo aggregare le altre persone, o con la forza delle proprie idee, o per le opportunità che questo offre.

Questi gruppi si scontrano però contro con due forze disgreganti:

  1. l'impossibilità di avere membri perfettamente concordi su tutte le idee che il gruppo esprime in forma maggioritaria;
  2. il protagonismo di chi, anche in buona fede, ritiene di aver ragione su dei temi, e ritiene di dover battersi ad ogni costo per essi.

Tutte e due i fenomeni sono parte della natura umana, e come tali difficilmente eliminabili (ma direi forse indesiderabilmente eliminabili).

Comunque, nello scontro di queste forze consiste la dialettica naturale, e il prevalere di una sull'altra porta a risultati differenti sulle comunità in formazione o già formate.

Sulla prima forza non voglio qui dilungarmi, qui vorrei concentrarmi sui tentativi di controllare la seconda forza disgregante.

Già nella tradizione dialettica sono stati sviluppate varie strategie, o almeno delle regole che possono aiutare il dialogo e permetere la condivisione di idee e obbiettivi (almeno nel caso che queste non risultino inderogabilmente contrapposte). Molte "regole" sono intuitive e derivano dalla comune esperienza quotidiana, ma il più delle volte la loro applicazione non può essere lasciata alla buona volontà della della "massa" dei possibili dibattenti, perché:

  • tra questi vi sono troll, facinorosi, o persone che, sebbene in buona fede, non sono abituati alla dialettica costruttiva;
  • pochi degli elementi di cui sopra sono in grado di bloccare il dialogo, con qualsiasi media noto non regolamentato. 

Come accennato, tutti questi ragionamenti possono in qualche misura applicati nel campo dell'e-democracy, in quanto il dibattito ne è un elemento principale, cambia solo il media.

Dialogo "ristretto" tra rappresentanti/esperti

Un primo storico metodo per eliminare il problema sopra accennato è una soluzione a priori che preveda la selezione dei dibattenti.

Si tratta semplicemente di lasciare il dibattito solo ad un numero ristretto di rappresentanti/esperti, selezionati per la loro capacità dialettica, la rappresentanza delle idee e il grado di conoscenza del tema. Un esempio sono le commissioni tematiche o l'applicazione del Metodo Delphi.

Questo metodo è indubbiamente efficace dal punto di vista della costruttività del dialogo, principalmente perché è più semplice dialogare fra pochi e perché normalmente vengono selezionate persone di dimostrata capacità in tal senso.

Questa soluzione però presenta due grossi problemi:

  • a priori non si tratta di una soluzione partecipativa, ma al contrario esclusiva, cioè non coinvolge la comunità (di sicuro è quanto più distante dai principi della democrazia diretta);
  • il risultato della discussione può essere predefinito proprio nella selezione dei rappresentanti/esperti che, anche in buona fede, sono portatori di una propria nota visione del tema; pertanto la "selezione" dei dibattenti rappresenta il punto critico (anche il punto debole dove i malintenzionati tendono ad intervenire).

Moderazione del dibattito

Un altro metodo comune per ridurre l'influenza dei "facinorosi", ed evitare la degenerazione del dialogo, è una soluzione a posteriori che preveda la sua moderazione.

Si tratta di dare il potere ad un numero ristretto di persone (i moderatori/garanti) di poter intervenire nel media che supporta di dialogo, cancellando contenuti irrilevanti, falsi e offensivi, fino a bloccare l'attività di dibattenti che abbiano violato le regole che la comunità si è data. Le azioni potrebbero essere decise in modo collegiale tra tutti i moderatori, oppure immediata, decisa da un singolo moderatore.

I moderatori/garanti dovrebbero venire selezionati per la loro conoscenza delle regole, l'equilibrio e la correttezza dei giudizi.

Esempi di questo metodo si riscontrano ovunque, dai moderatori presenti negli dibattiti fisici, ai moderatori dei forum e dei blog, fino ai garanti nelle associazioni. Questo rappresenta un approccio dicotomico rispetto le posizioni della democrazia diretta, ma non necessariamente opposto.

Questo metodo promuove sicuramente la partecipazione della collettività in quanto non blocca a priori la possibilità d'intervento a nessuno, e permette formalmente di far emergere posizioni originali, fuori dalle linee di pensiero maggioritarie.

Questa soluzione però presenta diversi problemi:

  • i moderatori sono costretti ad un lavoro di controllo assiduo, che rimane affrontabile solo in presenza di un limitato numero di dibattenti, con il loro crescere di numero, la moderazione diventa sporadica e, forse, inefficace;
  • essendo il lavoro di moderazione fatto a posteriori, il disturbo creato dai facinorosi non può essere eliminato totalmente, si può cercare di bloccarlo solo dopo che si è generato;
  • come per il metodo del "dibattito ristretto", si presenta la criticità della selezione dei moderatori/garanti; anche loro, seppure in buona fede, sono portatori di una propria visione dei temi, e le loro scelte sono in grado di pre-definire i risultati dei dibattiti (nei casi più gravi, possono volontariamente censurare posizioni sgradite).

Giudizio della comunità

I metodi finora descritti prevedono che la discussione sia sotto il controllo di un numero limitato di persone, o a priori con la selezione di esperti, o a posteriori tramite l'intervento di moderatori. Questo, almeno sotto l'aspetto della democraticità della discussione, costituisce un aspetto critico.

Recentemente, con lo sviluppo dei strumenti informatici, è stato possibile pensare di sviluppare delle metodologie che permettano di far moderare la discussione all'intera comunità, evitando di dover selezionare dei pochi con in mano il potere di indirizzare la discussione.

Ovviamente rimane intatto il "dilemma platonico" se sia giusto dare questo potere anche a persone non sufficientemente acculturate, ma io in questo post lo darò assiomaticamente per superato, volendo esplorare soluzioni più democratiche possibili.

Tutti i metodi di moderazione di una discussione che coinvolgono l'intera comunità, si basano sulla possibilità di quest'ultima di giudicare i contributi della discussione e/o i relativi autori. Questo significa che il media deve disporre di sistema di valutazione (giudizi/voti più o meno elaborati) a cui tutti possono accedere, e che permetta di esprimere il gradimento complessivo della comunità.

I giudizi/voti finiscono per essere elaborati da un sistema di moderazione automatico, che poi prenderà freddamente dei provvedimenti secondo regole oggettive. L'idea di fondo è quella di affidare il compito di moderazione, non ad un gruppo ristretto di persone, ma all'intera comunità tramite un algoritmo che lavori secondo regole certe precedentemente concordate.

Controllo della visibilità

Un metodo di moderazione "soft", consiste nel rendere meno visibili i contributi via via che la comunità complessivamente ne esprime il disaccordo; a questo si può unire un analogo meccanismo per rendere più visibile i contributi più graditi.

Esempi classici sono il sistema di commento di alcuni blog (es. Disqus), dove la comunità può votare il commento e, in base all'indice di gradimento, questo si presenterà in cima all'elenco dei commenti, nella posizione più visibile. Al contrario commenti sgraditi, irrilevanti o semplici disturbi, raccolgono gradimenti bassi, e scivolano via via in fondo all'elenco in posizioni meno leggibili, fino all'oblio.

Principi analoghi sono stati applicati anche nelle piattaforme per l'e-democracy, sia per la selezione delle proposte da portare avanti, sia nella selezione dei relativi commenti (es. Ideascale).

Questi sono sistemiche agiscono sul singolo contributo e non sul suo autore, il quale successivamente potrà comunque continuare ad esprimersi liberamente; in pratica punisce le idee e non le persone.

Un grosso problema di questa metodologia è che un vero "facinoroso", potrebbe comunque reiterare indefinitamente la propria azione con altri pessimi contributi, continuando a disturbare la discussione.

Controllo dei permessi

Una strategia completamente diversa dalla precedente (un metodo di moderazione "hard") consiste nel creare un "moderatore automatico" che agisca sulle attività permesse ai membri della comunità.

Già oggi è considerato giustificabile punire comportamenti scorretti togliendo possibilità d'azione e, nel campo dei forum o dei blog moderati, non è così raro bloccare temporaneamente (o espellere) i più facinorosi.

L'idea di base è però quella di affidare il compito di moderazione ad un algoritmo automatico che limiti i membri in modo proporzionale, secondo regole oggettive concordate dalla comunità. Questi sono sistemiche agiscono sugli autori, limitandone la possibilità di intervenire nel dialogo: in pratica punisce le persone, oltre che le loro idee.

Una metodologia così punitiva (in quanto agisce sui diritti di un membro della comunità) però ha il grande vantaggio di agire sui "facinorosi", impedendogli (almeno temporaneamente) di reiterare la propria azione di disturbo.

Non mi sono note piattaforme che abbiano applicato concetti di questi tipo, ma sono stati sperimentati dei forum in cui un algoritmo automatico genera un parametro personale (il "karma"), che dovrebbe esprimere il grado di gradimento, affinità e partecipazione alla comunità. Dov'è presente, il karma è usato in modo “soft”, agendo come feedback positivo della comunità verso il singolo membro (come se fossero delle medaglie/riconoscimenti).

Un'estensione "hard" di questo concetto potrebbe portare ad un parametro in grado di regolare le possibilità d'intervento nel dialogo del suo titolare, dandogli più o meno spazio. Così un karma alto permetterebbe al titolare più interventi o più spazio di intervento, mentre in karma basso ne limiterebbe le possibilità, fino alla preclusione temporanea.

Una cosa interessante di questa metodologia, è che un "feedback" proporzionale potrebbe spingere i membri della comunità ad un approccio più collaborativo, in quanto "premiati dalla moneta" di una maggiore capacità d'intervento.

Problemi dei sistemi di moderazione collettiva

Lentezza d'intervento

Uno dei problemi dei sistemi di moderazione automatica è che in realtà si basano sempre sul giudizio della collettività, che però deve aver il tempo di esprimersi: la moderazione avviene così lentamente, con il risultato che i contributi "disturbanti" continuano ad aver effetto per parecchio tempo.

Questo problema fa' sì che, malgrado la buona volontà di voler condividere democraticamente la moderazione in una comunità, almeno per risolvere gravi casi (es. in presenza di contenuti illegali) deve comunque essere previsto un sistema cancellazione veloce dei contributi da parte di uno o più moderatori.

La "confusione semantica"

Un altro problema, sempre presente nella dialettica, ma che può assumere significati perniciosi se supportato da un sistema automatico, è che esiste da parte delle persone una confusione tra "contenuto non gradito" e "contenuto illecito/offensivo/denigrante". Il primo dovrebbe essere interpretato come "...ok... è una tua opinione, ma io non la ritengo valida... ma lascio che la esprimi, anche se non mi piace"; il secondo dovrebbe essere interpretato "... questo è illegale! eliminatela subito!" o "... questo è un'offesa! da cancellare!".

Purtroppo, nei giudizi delle persone, spesso le cose non sono così distinte: si prende per offensiva qualsiasi critica ad una propria opinione o si chiede la cancellazione di opinioni ritenute illegittime.

Il risultato pernicioso di questo processo è la cancellazione sistematica di tutte le posizioni contrarie all'opinione maggioritaria, realizzando di fatto un deficit di democrazia (un'altra forma della dittatura della maggioranza).

De-responsabilizzazione attraverso la comunità

Per quanto ci si sforzi, la moderazione, lasciata liberamente al giudizio della "comunità", è inevitabilmente soggettiva.

Come accennato, ai membri della comunità non è richiesto il rispetto di un minimo di preparazione, di studio delle tematiche, di analisi dei fatti o delle varie posizioni: è chiesto solo di esprimere la propria opinione secondo la propria coscienza.

D'altra parte, normalmente il membro di una comunità, quando è chiamato ad esprimersi (specie in condizioni di anonimato) sa che non dovrà rendere conto a nessuno dei propri giudizi, di fatto lo deresponsabilizza.

Tutto questo spinge a produrre giudizi "inconsapevoli" e/o "irresponsabili". Purtroppo le conseguenze dei cattivi giudizi arrivano normalmente tardi, e non è detto che si abbia la capacità (o la volontà) di riconoscerle.

Comunicazione "vischiosa"

Per ultimo accenno ad un sistema di limitazione (più che di moderazione) che agisce a priori su tutti i possibili dibattenti indistintamente: la comunicazione "vischiosa".

Della metodologia ho già trattato in un precente post, ma brevemente ricordo che si tratta un noto sistema per evitare abusi da parte dei dibattenti: si impongono delle limitazioni nello spazio di dialogo, in modo che ognuno ne abbia a disposizione una quota, e non oltre.

Ovviamente questo sistema non impedisce ai facinorosi di disturbare del tutto, ma impedisce loro di monopolizzare la discussione nel lungo periodo, in quanto comunque vi è un limite agli interventi possibili. Un importante risvolto è che, questo sistema limita automaticamente il fenomeno dei dibattiti che degenerano in scambi di battute non costruttive tra due o più contendenti.

Luca Z.

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